Qual è la percezione che medici di medicina generale e pediatri hanno del carico di lavoro e della gestione dei pazienti? Abbiamo chiesto ai diretti interessati, per comprendere meglio l’andamento del lavoro di assistenza sanitaria di base, rivolta alla popolazione dei cittadini adulti e della popolazione in età pediatrica. Dalla nostra indagine, è emerso che il sistema si sta evolvendo, ma esistono ancora delle criticità, anche largamente condivise, tra i medici e i pediatri intervistati.
Le caratteristiche degli intervistati: MMG e PLS
Alla nostra indagine, hanno preso parte sia i medici di medicina generale (MMG) che i pediatri di libera scelta (PLS), in prevalenza uomini (76%). Sul totale degli intervistati, solo una piccola parte (4%) appartiene alla fascia di età compresa tra i 35 e i 40 anni, mentre la maggioranza delle persone intervistate (73%) è over 60. Si tratta di un campione distribuito lungo l’intera penisola italiana, isole comprese.
Dall’indagine è emerso un dato molto interessante, che riguarda un argomento di discussione che sta diventando sempre più pressante, che già da tempo rappresenta una sfida per i medici di base e i pediatri e lo sarà probabilmente per molto ancora, per ragioni che vedremo a breve.
Il dato in questione è il numero di pazienti che i medici di medicina generale, in particolare, devono seguire. In base alle informazioni raccolte, il 59% del campione intervistato segue più di 1.500 pazienti.
Il medico e le criticità del mestiere: il peso delle incombenze burocratiche
In merito al carico di pazienti da seguire, la prima riflessione da fare riguarda la fascia di età. I medici di base/pediatri under 40 che hanno più di 1.500 assistiti rappresentano una percentuale più bassa, sono il 25%. Mentre, sono in prevalenza i professionisti oltre i 60 anni a dover gestire una mole maggiore di lavoro. E per questi ultimi, l’attività più gravosa da svolgere ha a che fare con le questioni burocratiche. Si tratta dell’83% dei medici di questa categoria, ma, andando ad approfondire, i task burocratici sono il cruccio del 76% di tutti i MMG intervistati e del 60% dei PLS.
E se si tiene conto del fatto che il 74% del campione ha del personale di assistenza, questo vuol dire che tale aspetto del lavoro del medico pesa davvero tanto sulla gestione complessiva dell’attività. Insomma, avere o non avere assistenti sembra non cambiare troppo le cose.
La criticità dov’è? Di certo, è nel numero di assistiti. Che il numero di pazienti per professionista non sia omogeneo c’è anche da aspettarselo, in riferimento alle fasce di età. Il problema ha un duplice aspetto: da un lato, tutti i segmenti percepiscono di essere schiacciati dalla burocrazia; dall’altro lato, presto andremo incontro a un cambio generazionale.
In altre parole: più cresce il numero di pazienti e più aumenta il carico di compiti burocratici. Ma i giovani medici sono sempre meno numerosi e, attualmente, anche quelli “meno” impegnati.
Ed è questa la discussione tra le più accese al momento: è chiaro da tempo che i medici di base siano pochi in tutta Italia e destinati a diminuire nel corso degli anni, come riportato da Il Sole 24 Ore in questo articolo.
Un altro aspetto interessante è che buona parte dei professionisti (49%) ritiene che dopo la pandemia da Covid-19 le cose siano peggiorate. Non pesa, ancora una volta, solo la gestione burocratica del lavoro (12%), ma soprattutto la gestione dei pazienti (16%) più da un punto di vista emotivo e relazionale.
La durata di una visita medica
Ma con tale mole di lavoro, quanto tempo è possibile dedicare alla visita?
Secondo le risposte fornite dai medici/pediatri, solo il 29% degli intervistati riesce a dedicare più di 15 minuti alla visita. La percentuale cresce al 48% per quel che riguarda i pediatri.
Valutare l’efficienza di una visita in riferimento alla sua durata è un modo superficiale di intendere la pratica medica. A seconda dei casi, anche soli cinque minuti possono essere utili al professionista per fare una diagnosi. Ci troviamo di fronte a fattori in parte imponderabili.
Tuttavia, dall’indagine emerge anche che per il 75% di coloro che dedicano alla visita più di un quarto d’ora ha, oggettivamente, il tempo necessario per esplorare una problematica specifica. E questo è un fattore rilevante.
Infatti, non dimentichiamo che molte malattie croniche nella popolazione adulta e le malattie rare sono difficili da diagnosticare, per diverse ragioni.
Per cui, vien da sé, avere l’opportunità di approfondire la conoscenza del paziente fa la differenza. E fa la differenza anche avere a portata di mano quegli strumenti che supportano il professionista nel fare la diagnosi giusta, quando il numero di pazienti cresce e il tempo per la visita va riducendosi.
Se ben il 47% degli intervistati può andare a fondo di problematiche specifiche solo “Ogni tanto” – magari, in seguito, dovrebbe anche intervenire lo specialista - vuol dire che le tempistiche per la diagnosi si allungano di molto.
Ma esistono strumenti, anche digitali, che possono supportare il medico a partire dalla visita in studio: Assist-Ant ne è un esempio. E la prospettiva di una riduzione notevole delle tempistiche per la diagnosi non è un’utopia.
Innovazione tecnologica nella formazione e nel contattato tra medici e pazienti
È molto indicativo il fatto che il contatto tra medici e pazienti avviene in prevalenza via telefono (41%) e, in seconda istanza, via WhatsApp.
Per la semplice prenotazione degli appuntamenti, diventa indispensabile guadagnare tempo in altri modi e non usare telefoni/e-mail personali: un sistema di prenotazione online permette di snellire le procedure per le richieste di appuntamento e migliorare la gestione del tempo.
Come? Non rispondendo direttamente al telefono e alle mail, ma affidandosi ad esempio ad un servizio di segreteria remota per lo studio medico.
Proseguendo nell’analisi dell’indagine, se da un lato assistiamo alla diffusione lenta del teleconsulto, dall’altro oggi i medici prediligono prevalentemente due vie per la formazione professionale.
Per i medici di medicina generale, al primo posto ci sono corsi e workshop (68%), al secondo le risorse online (60%). Come ultima opzione si colloca la formazione tradizionale, attraverso i libri. In altre parole, il crollo nell’uso delle fonti cartacee è evidente.
Se la formazione scientifica passa attraverso le risorse online e scavalca anche il materiale fornito, fisicamente, dagli informatori scientifici, allora per enti, riviste di settore e aziende del settore medico/sanitario è importante sviluppare diversi canali di visibilità.
La digitalizzazione è anche questo: pensare, pianificare e ottimizzare strategie di comunicazione multicanali che creano contatti più diretti e produttivi con i professionisti della salute.